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APERTURE DOMENICALI, PERCHE' LA LIBERALIZZAZIONE PENALIZZA GRANDI E PICCOLI

Intervento di Edi Sommariva Consigliere Delegato di Confcommercio Veneto su un tema di grande attualità

martedì 19 agosto 2014
Edi Sommariva Edi Sommariva

 Questa è la quarta estate di crisi, la più dolorosa, per l’economia del nostro paese. Il recente dato Istat sul crollo del prezzo del carrello della spesa preoccupa tutti, anche la Grande Distribuzione commerciale che ha lanciato forti segnali di disagio circa una possibile chiusura dell’anno con “redditività azzerata”. Stona in questo “clima”  il richiamo esplicito fatto al  Governo e alla Politica dal Presidente di Federdistribuzione, Cobolli Gigli, a non riporre nel cassetto le strategie di liberalizzazione del commercio e, in particolare, quella delle aperture domenicali introdotte nel 2011 dal Governo Monti. La posizione sorprende, date le difficoltà attuali di un  mercato distributivo nel quale gli attori sono strutturalmente vincolati da una certa interdipendenza nelle strategie: Sembra un gioco di scacchi, in cui il risultato di ciascuna mossa (il profitto marginale derivante da una data quantità venduta e il relativo prezzo) compiuta da un giocatore dipende in larga misura dalle successive mosse dell’avversario. Ebbene, giocare una partita a scacchi in un mercato che tira è ben diverso dal giocarla in una situazione di consumi calanti.Allungare  gli orari di vendita oggi ha due risultati certi per le aziende: 1)l’aumento di costi, dovuto soprattutto all’incremento delle ore lavorate; 2) la stagnazione delle vendite totali del settore, come i dati Istat purtroppo hanno confermato ( il che equivale a una “bocciatura” della “liberalizzazione Monti” che ha fallito il suo presupposto principale di rilancio dei consumi).Con una aggravante: non potendo usare liberamente la leva del prezzo (il consumatore non è disposto a spendere di più), i margini di profitto delle aziende si riducono all’osso (più costi + “stesse vendite” = meno profitti). Risultato: dall’entrata in vigore della “liberalizzazione Monti” a oggi hanno chiuso  oltre 170.000 aziende commerciali al dettaglio ( 13.000 nel solo Veneto), solo in parte compensate da new entry ( il saldo è stato di circa - 16.000 aziende in Italia e di – 1.500 in Veneto). Nemmeno la GDO sembra rimanervi indenne, come emergerebbe dalla manifesta volontà di uscita dal mercato del gruppo Billa.La liberalizzazione delle aperture domenicali, quindi, sta facendo male a tutti i negozi ( piccoli, medi e grandi), senza riuscire ad “entusiasmare” i consumatori, che restano, infatti, divisi sul tema. Sarei tentato di credere che l’ostinata  strategia di Federadistribuzione  abbia il solo fine di fare crescere  la quota di mercato di quelle aziende meglio organizzate per gestire turni di lavoro domenicali, a discapito di tutte le altre, che sono la stragrande maggioranza. Insomma: “mors tua vita mea”. Le risposte che oggi imprese e politica devono dare, dovrebbero basarsi sulla coesione, sulla collaborazione a 360°, sulla competitività come sistema, in tutti i settori. E allora, non sarebbe meglio tenere chiusi  gli esercizi commerciali la domenica (tranne nelle località turistiche di massa) e offrire al consumatore una più ampia flessibilità d’orario serale, onde consentire a chi lavora di fare la spesa più comodamente (meno costi + “stesse vendite” =  più profitti)? Smettiamola di  lavorare “contro” (tra GDO e  piccolo dettaglio)! C’è molto da fare “insieme”, nelle città, nei Centri Storici, nelle reti di impresa per l’e-commerce. Proviamoci. Forse risaliremo più rapidamente sull’autobus della crescita, nell’interesse di tutti, consumatori compresi.

 Edi Sommariva
Consigliere Delegato di Confcommercio Veneto

ATTENZIONE: La notizia è riferita alla data di pubblicazione dell'articolo indicata in alto, sotto il titolo. Le informazioni contenute possono pertanto, nel corso del tempo, subire delle variazioni non riportate in questa pagina, ma in comunicazioni successive o non essere più attuali.

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