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"IL RISTORANTE A CASA E' UN'ATTIVITA' ECONOMICA"

Risoluzione del Mise, dopo l'azione sindacale di Fipe Confcommercio: chi apre un ristorante nella propria abitazione è soggetto a tutti i requisiti

martedì 19 maggio 2015
Fonte: Confcommercio Nazionale

Aprire un ristorante nella propria abitazione, una tendenza che si sta ultimamente diffondendo in Italia,  è un'attività economica a tutti gli effetti. E dunque, in quanto tale, deve essere soggetta a requisiti professionali, igienico sanitari e a una serie di norme in materia di sicurezza, urbanistica ed edilizia, a cominciare dalla Scia o della domanda di autorizzazione da presentare al comune di residenza. A stabilirlo è una recente risoluzione del ministero dello Sviluppo Economico, emessa a seguito di una forte azione sindacale di Fipe-Confcommercio  a tutela delle aziende rappresentate. La risoluzione fa chiarezza su come possa configurarsi l'attività di cuoco a domicilio che, dal 'passaparola' è arrivato a delinearsi in un business, tale da allarmare perfino i ristoratori professionisti che, guardano al fenomeno con preoccupazione e invocano il rispetto delle regole in un clima di leale concorrenza.

L'attività di preparare e servire pranzi e cene presso il proprio domicilio, in giorni dedicati e per ospiti paganti, "non può che essere classificata come un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela", si legge nel parere espresso dal Mise attraverso la Direzione generale per il Mercato e la concorrenza. La fornitura di queste prestazioni "comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi anche con l'innovativa modalità", l'attività "si esplica quale attività economica in senso proprio" di conseguenza non può essere considerata, a parere del Mise, "un'attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcune previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un'attività di somministrazione di alimenti e bevande". Nel motivare la posizione assunta, il Mise si richiama a una precedente nota, sempre a sua firma, con la quale è stata classificata come un'attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande quella effettuata dal proprietario di una villa, che "intendeva preparare cibi e bevande nella propria cucina fornendo tale servizio solo su specifica richiesta e prenotazione da parte di un committente e quindi solo per gli eventuali invitati".

Fipe: "Su home restaurant ripristinata leale concorrenza"
 
 "La risoluzione del Ministero - afferma Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe e vicepresidente Confcommercio, a commento della risoluzione del Ministero dello Sviluppo Economico che definisce gli home restaurant "attività economica in senso proprio"- ripristina, senza spazio per dubbi e interpretazioni, le regole per una competizione leale e corretta: a parità di attività ci vuole parità di regole, di tributi e di obblighi. Non è, infatti, ammissibile - prima di tutto per garanzia e sicurezza dei cittadini - che ci possano essere modalità diverse di fare ristorazione: da un lato quelle soggette a norme e prescrizioni rigorose a tutela della qualita' e della salute; dall'altro quelle senza vincoli, senza controlli, senza tasse, senza sicurezze igieniche".






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