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SANGALLI: "L'ITALIA E' A UN BIVIO, SERVE RESPONSABILITA'"

Per il presidente di Confcommercio occorre imboccare con convinzione "la via delle riforme e della modernizzazione del Paese". Confcommercio indica una priorità due riforme e un'emergenza

lunedì 26 marzo 2018
Fonte: Confcommercio nazionale

"Imprese, famiglie, investitori, l'Europa, hanno bisogno di risposte tempestive e solide. Per offrirle in modo credibile, bisogna rendere più esplicita la via delle riforme e della modernizzazione del nostro Paese". Così il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha ribadito nel corso della conferenza stampa di apertura del Forum di Cernobbio, la sua preoccupazione per il rischio di una fase di ingovernabilità. Per sventarlo, occorre "aggredire e risolvere i difetti strutturali della nostra economia: gli eccessi di tasse e burocrazia, i deficit di legalità, infrastrutture e capitale umano che significano per il nostro Paese una perdita di 180 miliardi di Pil ogni anno". Soprattutto per il Mezzogiorno, "sempre più distante dal resto del Paese". A fronte degli attuali segnali di rallentamento dei consumi e della produzione, per Sangalli sono indispensabili "alcune misure per una crescita più sostenuta e per creare condizioni di mercato più favorevoli per la competitività delle imprese del commercio, del turismo, dei servizi, dei trasporti e della logistica e delle professioni". Confcommercio indica una priorità, due riforme e un'emergenza. La priorità è evitare  gli aumenti delle  aliquote Iva già programmati per l'inizio del 2019, che "distruggerebbero qualsiasi ipotesi di ripresa generando 12,5 miliardi di imposte aggiuntive. Quanto alle riforme da realizzare, riguardano la riduzione delle tasse ("è il nostro obiettivo principale, ha detto Sangalli, perché il carico fiscale del nostro Paese è insostenibile per il nostro sistema produttivo, è incompatibile con qualsiasi realistica prospettiva di crescita robusta, diffusa, duratura"), introducendo nel contempo una "local tax che includa tutti gli attuali tributi locali che gravano sugli stessi e che sia totalmente deducibile per gli immobili strumentali delle imprese". E l'attacco all'eccesso di burocrazia, che "pesa sulle micro e piccole imprese per 33 miliardi l'anno. Un prezzo che nessuna azienda merita di pagare". L'emergenza, infine, riguarda il consentire il riporto delle perdite ad oltre due milioni di piccole imprese che adottano il regime di cassa e che oggi è permesso solo alle società di capitale, "una vera e propria ingiustizia fiscale che va subito affrontata e sanata". Tutto ciò "si deve conciliare con l'obiettivo di mantenere l'equilibrio dei conti pubblici e completare le riforme del lavoro e delle pensioni", mantenendo "un occhio all'Europa". "Serve un supplemento di responsabilità da parte di tutti, politica, governo, forze sociali perché l'Italia è a un bivio: o imbocchiamo l'autostrada e spingiamo sull'acceleratore o continueremo a viaggiare sulla strada statale a velocità ridotta", ha concluso Sangalli.

Il rapporto sulle economie territoriali
Nella classifica della crescita economica tra il 2014 e il 2017 l'Italia è venticinquesima su 26 Paesi europei. Quella che viviamo da quattro anni a questa parte, dunque, non è crescita ma soltanto ripresa, e in più è anche in fase di rallentamento. E' da questa considerazione che parte il Rapporto sulle economie territoriali realizzato dall'Ufficio Studi di Confcommercio e presentato in apertura della tradizionale due giorni in riva al lago di Como. Cominciamo dai numeri: per il 2018, considerando anche "il perdurante impatto negativo dei problemi strutturali: eccesso di burocrazia e carico fiscale, difetto di legalità, di accessibilità territoriale e di qualità del capitale umano" Confcommercio prevede, dando per scontata la neutralizzazione completa delle clausole di salvaguardia per il 2019, una crescita dell'1,2%,  seguita da un +1,1% nel 2019, mentre i consumi salirebbero rispettivamente dell'1% e dello 0,9%. Il punto vero è però un altro, politico oltre che economico. Anche nel biennio 2018-2019 non si vede alcun miglioramento nella condizione del Mezzogiorno e, come ha affermato il direttore dell'Ufficio Studi Mariano Bella, "senza Sud è declino certo per l'Italia". L'ottimismo emerso a metà del 2017 dopo la pubblicazione dei conti territoriali del 2015 è già dimenticato: il Mezzogiorno è nettamente indietro rispetto al resto del Paese in termini di accessibilità territoriale, burocrazia, legalità. L'unico parametro in cui supera la media nazionale è il rapporto tra occupati e popolazione, ma questo è il frutto perverso sia del calo delle nascite che della migrazione interna (dal 2000 al 2016 oltre 900mila meridionali si sono trasferiti al Centro o al Nord al netto di quanti sono andati al Sud). Dal Rapporto, insomma, emerge che il "problema Italia" è ancora in larga misura l'arretramento strutturale del Sud, un'area che vale ancora oltre un terzo della popolazione e quasi un quarto del prodotto lordo. Dopo oltre 150 anni di storia unitaria del nostro Paese c'è ancora una "questione meridionale" da risolvere.

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