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IL GOVERNO CONTE OTTIENE LA FIDUCIA

L'esecutivo incassa il via libera dei due rami del Parlamento. Per la Lega "l'aumento dell'Iva è assolutamente fuori discussione"

mercoledì 06 giugno 2018

Lo scoglio più grosso è stato superato. Il governo guidato da Giuseppe Conte incassa la fiducia a Palazzo Madama, dove i numeri, (frutto dell'alleanza post elettorale tra M5S e Lega) erano pericolosamente risicati. Con 171 sì, 117 no e 25 astenuti. Poi il voto di mercoledì alla Camera si è svolto in tutto relax: 350 sì contro 236 no, 35 gli astenuti. Occhi puntati soprattutto sul lungo discorso in Senato, pronunciato con inconfondibile stile accademico: parole soppesate e citazioni 'auliche' che toccano il concetto di 'populismo' di Dostoevskij, il 'principio-responsabilità' che impone di agire del filosofo Hans Jonas, fino alle novità del sociologo Ulrich Beck.

Pochi i momenti di alleggerimento in 75 minuti, con ben ventiquattro pagine divise in 'capitoletti'. Il premier si è comunque guadagnato oltre 60 applausi, di cui due bipartisan, quando con forza dichiara la fedeltà dell'Italia all'Alleanza Atlantica e quando condanna l'uccisione in Calabria del cittadino maliano Soumaila Sacko. La standing ovation finale è quasi scontata, con Matteo Salvini che per primo commenta: "Bellissimo il discorso del premier. Condivido tutti i punti".Chi invece è rimasto quasi incollato allo scranno è Matteo Renzi, che per tutto l'intervento di Conte si è limitato a prendere appunti. L'ex segretario del Pd non risparmia frecciatine all'esecutivo giallo-verde con tanto di battuta finale, al vetriolo: "Il nostro No è motivato dal fatto che è un contratto scritto con l'inchiostro simpatico, è garantito da un assegno a vuoto".

Dai banchi di Forza Italia invece è Licia Ronzulli a lanciare la sfida al 'forse alleato' Salvini. La fedelissima di Silvio Berlusconi non ha dubbi, in questo governo "esploderanno le contraddizioni, emergeranno le incoerenze, si manifesterà l'incapacità". FI invece "rimarrà l'autentica interprete dei valori propri del centrodestra che per quanto ci riguarda non potranno mai, dico mai, essere valori negoziabili". Anche Pietro Grasso ci va giù pesante criticando il governo, che sui diritti civili "inizia male, malissimo". Durante il dibattito interviene anche Umberto Bossi, mettendo in guardia il governo (che lui sostiene) sul reddito di cittadinanza: "È impensabile consegnarlo ai centri per l'impiego, che hanno solo poteri notarili. Non possono controllare una legge così costosa".E' però quando prende la parola la senatrice a vita Liliana Segre il momento forse più commovente della seduta a palazzo Madama. "Un ringraziamento al presidente Mattarella che ha scelto come senatrice a vita una vecchia signora con i numeri di Auschwitz tatuati sul braccio": parole che vengono succedute da un lungo applauso con i parlamentari che si alzano in piedi. "Non anestetizzare le coscienze": è l'appello del simbolo vivente dell'Olocausto, che con l'umiltà dell'ultima arrivata non nasconde di essere pronta a rifiutare, "che oggi la nostra civiltà democratica possa essere sporcata da progetti di leggi speciali contro i popoli nomadi. Se dovesse accadere, mi opporrò con tutte le energie che mi restano". Segre dichiara il voto di astensione e tra l'applauso unanime dei senatori, anche da parte del governo, annuncia che valuterà "volta per volta le proposte e le scelte del Governo, senza alcun pregiudizio", schierandosi e pensando "all'interesse del popolo italiano e tenendo fede ai valori che mi hanno guidata in tutta la vita". Un momento di altissimo livello, che oggi in aula non ha trovato diversità di colore politico.

Alla Camera, il Premier Conte ha toccato tutti quegli altri argomenti che erano stati "tralasciati" nel discorso fatto a Palazzo Madama. Sull'argomento più delicato, quello su cui vigila il presidente della Repubblica (l'Europa e il debito), il presidente del Consiglio ha ribadito la sua volontà di "negoziare sul fronte della discesa progressiva del debito". "Bisognerà vedere come arrivarci", precisa. Il premier ha parlato poi di un "vasto programma di investimenti pubblici infrastrutturali che potrebbe essere attuato e finanziato in deficit senza creare un problema di sostenibilità dei debiti pubblici".



Per la Lega "l'aumento dell'Iva è assolutamente fuori discussione"

Niente taglio delle tasse per le famiglie nel 2019. O forse sì. In un botta e risposta tutto interno alla Lega, i contorni della dual tax (le aliquote nel contratto sono due e non una come presupporrebbe il termine flat tax) sembrano sempre meno definiti. Secondo Alberto Bagnai, parlamentare leghista, finora da molti identificato come possibile prossimo sottosegretario al ministero dell'Economia, le prime ad usufruire dei tagli saranno le imprese, seguite l'anno successivo dalle famiglie.

Non così per Armando Siri, leghista anche lui, 'padrino' della 'flat tax', convinto che dall'anno prossimo il peso del fisco comincerà ad essere più leggero per tutti, famiglie e imprese, con la riforma che arriverà a regime nel 2020. Il tema scalda comunque il dibattito politico e in particolare il Pd che dall'opposizione risponde con un fuoco di fila che rivendica di aver già attuato una flat tax sulle imprese con l'Ires e l'Iri al 24% ma che ironizza anche sul ''rinvio per le famiglie''. Il primo a parlare è il segretario reggente Maurizio Martina, ma poi intervengono in molti dagli ex ministri Boschi e Minniti al capogruppo Ettore Rosato. La tempistica è certo un punto dirimente, non solo a livello politico, ma anche finanziario, visto che le coperture necessarie per il taglio dell'Ires (e dell'Iri sulle pmi) sono nettamente inferiori a quelle da recuperare per il taglio dell'Irpef.

Bagnai ha parlato di "accordo" fatto sull'intervento in due tempi, con l'idea di "far partire la flat tax sui redditi di impresa dall'anno prossimo" e quella sulle famiglie "dal secondo anno". Parole che hanno scatenato l'immediata levata di scudi del Pd, pronto a rivendicare come le tasse sulle imprese siano state già tagliate nella scorsa legislatura e portate tutte proprio ad unico livello, il 24%. Ma evidentemente anche di esponenti della maggioranza. La precisazione è stata affidata proprio a Siri, secondo cui la partenza sarà simultanea sia per le famiglie che per le imprese. "Si deve partire con degli step: il sistema è diverso perché la flat tax per le imprese c'è già - ha chiarito, accogliendo in parte le critiche del Pd - noi la estendiamo anche a società di persone, partite Iva, eccetera". L'obiettivo è quello di trasferire "a 5 milioni di operatori quello che oggi è solo per 800mila imprese". 

Guardando le carte, il contratto non fa parola della scansione temporale dell'intervento fiscale. Di fronte alla polemica nata nelle scorse settimane con Carlo Cottarelli sulla difficoltà di gestire finanziariamente il programma condiviso dalle due forze di maggioranza, i pentastellati avevano però chiarito che le misure sarebbero state attuate nell'arco della legislatura, non tutte subito. In ogni caso, stando alle dichiarazioni di Bagnai, la platea dei destinatari della dual tax si abbatterebbe di colpo, così come il costo. Finora per il taglio dell'Ires dal 27,5% al 24% deciso dal governo Renzi sono stati necessari circa 3 miliardi. La nascita dell'Iri, sempre al 24%, per le pmi ha comportato coperture per altri 2 miliardi. Un eventuale primo passaggio dal 24% attuale al 20% non potrebbe quindi costare, a spanne, meno di 5 miliardi. Ed anche inserendo la seconda aliquota più bassa, quella al 15%, non ci si avvicinerebbe nemmeno ai 50 miliardi calcolati finora considerando il taglio dell'Irpef. Non così se si intervenisse per tutti già nel 2019. Bagnai ha intanto 'rettificato' anche il pensiero del nuovo ministro dell'Economia, Giovanni Tria, che in un recente articolo non aveva escluso la possibilità di far aumentare l'Iva, spostando il peso dalla imposte dirette a quelle indirette. Per la Lega, "l'aumento dell'Iva è assolutamente fuori discussione", ha ribadito, puntualizzando che l'articolo venne scritto da Tria "prima di entrare a far parte della squadra di governo".

Il presidente nazionale Carlo Sangalli su nuovo Governo: "Subito blocco Iva e conti pubblici in sicurezza"

"Facciamo innanzitutto al presidente Conte e a tutto il Governo gli auguri di buon lavoro. Dopo una crisi politico-istituzionale che ha prodotto fibrillazione nei mercati e grande preoccupazione per imprese e famiglie confidiamo che il nuovo Esecutivo lavori prioritariamente su due binari: consolidare il processo di riduzione del debito pubblico e di controllo del deficit per avere più margini di flessibilità in Europa e proseguire il percorso delle riforme economiche e sociali, iniziando dal blocco degli aumenti Iva che sarebbero un colpo mortale per i consumi": è quanto dichiara il Presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, sull'insediamento del nuovo Governo.


Il presidente provinciale Sergio Rebecca: “Ora è il momento di lavorare per il Paese”

“Finalmente si è usciti da un periodo di grande confusione politica ed istituzionale e si giunge alla formazione di un Governo pienamente operativo, con una significativa maggioranza parlamentare. Ora è il momento di lavorare per il Paese, di abbandonare i tatticismi e di affrontare i veri problemi che stanno a cuore agli italiani e al mondo delle imprese.

Il primo pericolo da scongiurare è quello dell’aumento dell’Iva, che pende come una “spada di Damocle” sulla testa di tutti noi e che sarebbe un colpo molto duro per i consumi interni. E’ un tema essenziale per la crescita, ma anche per l’equità fiscale, che non può essere barattato con nessun’altra misura.

Tra le priorità dell’agenda politica, però, va messa anche la formulazione di una nuova legge elettorale, per non rivivere, quando si dovrà tornare alle urne, i giorni paradossali che sono seguiti al 4 marzo: il nostro Paese non può permetterselo.Bene la nomina della ministra vicentina Erika Stefani agli Affari Regionali, sia per la serietà del suo impegno politico, sia perché potrà favorire l’avanzamento del processo di autonomia regionale.

Non va dimenticato, infine, che il futuro del nostro Paese si gioca anche sulla capacità di sfruttare un formidabile booster economico come quello del Turismo: il Governo può fare molto per questo settore, sia per dare una migliore prospettiva di crescita al Sud Italia, sia per consolidare e ampliare le potenzialità di tutto il Paese e di una regione leader come il Veneto”.

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