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L’APPELLO DI FIPE CONFCOMMERCIO: STOP ALLA CONCORRENZA SLEALE NELLA RISTORAZIONE

L’Associazione provinciale aderisce al manifesto "Per non mangiarsi il futuro", che chiede l'applicazione delle stesse regole per chi opera nello stesso mercato

lunedì 27 maggio 2019

“Non chiediamo meno regole, chiediamo che vengano applicate le stesse regole per la stessa professione, non solo a tutela della ristorazione, ma anche a salvaguardia dei clienti”. Emanuele Canetti, presidente della Fipe-Confcommercio di Vicenza (che rappresenta le attività di ristorazione e i bar) commenta così la decisione dell’associazione provinciale di scendere in campo per dare la massima diffusione al manifesto “Per non mangiarsi il futuro”. Il documento, predisposto dalla Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) nazionale, è stato inviato al vice primo ministro Luigi Di Maio, al vice primo ministro Matteo Salvini e al ministro dell'Agricoltura e Turismo, Gian Marco Centinaio, con l’intento di portare l’attenzione della politica sulla necessità di avviare un ripensamento della normativa inerente gli operatori che, a vario titolo, si occupano di ristorazione. L’obiettivo: arginare l’incertezza normativa che è fonte di concorrenza sleale per la ristorazione tradizionale.

“In provincia di Vicenza ci sono quasi 2.000 esercizi della ristorazione e oltre 2.600 bar che sono soggetti ad una normativa sanitaria, di pubblica sicurezza e fiscale stringente e che subiscono la concorrenza di circoli privati, di aziende agricole e agriturismi, di eventi e feste di varia natura ma che nulla hanno nulla a che fare con la tradizione locale, di home restaurant: un mondo “alternativo” per il quale tutto è più semplice e meno oneroso – sottolinea il presidente Canetti -. Noi chiediamo di eliminare queste disparità: chi fa lo steso mestiere e offre gli stessi servizi, deve rispondere alle stesse normative e agli stessi obblighi.”.

Aspetto, questo, messo in evidenza dal manifesto “Pe non mangiarsi il futuro” nel quale Fipe scrive: “se non ti chiami “pubblico esercizio”, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione idonei, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di Pubblica Sicurezza. La disparità di condizioni non genera nel mercato soltanto concorrenza sleale, ma finisce per impoverire il mercato stesso con effetti immaginabili sulla qualità del prodotto, sui rischi alimentari dei consumatori, sull’occupazione del settore e l’attrattività delle nostre città”.

Per dare forza e visibilità a queste istanze, Fipe Confcommercio Vicenza invita tutti gli operatori del settore e i clienti a sottoscrivere il manifesto attraverso il form on line a questo link https://forms.gle/7bKTBVQyCdttszxQ7



Per Non Mangiarsi il Futuro
L’appello della ristorazione alle Istituzioni Italiane
#StessoMercatoStesseRegole

La cucina italiana: orgoglio degli italiani, ispirazione per gli stranieri, ali e radici per chi viene e torna nel nostro Paese. In numeri, la nostra ristorazione vale 300mila imprese, 85 miliardi di fatturato e 43 miliardi di valore aggiunto all’anno per 1 milione di occupati. Meno puntuale, ma non meno strategico, il valore intangibile del settore in termini sociali, storici, culturali, antropologici e come volano dell’attrattività turistica e dell’intera filiera dell’agroalimentare del Paese. Ora, poi, il settore sta vivendo una popolarità senza precedenti, con gli Chef famosi come attori e contesi come influencer, a dimostrazione che la cucina - da sempre strumento di comunicazione - è appetibile anche come strumento di consenso.
Bene, insomma, ma non benissimo. Questi risultati sono la punta di un iceberg fatto del lavoro di centinaia di migliaia di imprese che, con la loro professionalità, creatività e quotidianità, fanno la forza di questo settore, che riceve a parole grandi pacche sulle spalle, ma nei fatti rischia oggi un impoverimento senza precedenti.
Ogni giorno nelle scelte politiche si incentivano settori che effettuano di fatto somministrazione, senza essere sottoposti alle stesse regole che si applicano alla ristorazione e ai pubblici esercizi in generale.
Ci riferiamo agli operatori del settore agricolo, ai circoli privati, al terzo settore, ai negozi di vicinato, agli home restaurant, allo street food etc.
Perché se non ti chiami “pubblico esercizio”, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione idonei, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di Pubblica Sicurezza.
La disparità di condizioni non genera nel mercato soltanto concorrenza sleale, ma finisce per impoverire il mercato stesso nel momento in cui le attività di ristorazione chiudono, magari per reinventarsi in esercizi più semplici, dove tagliare i costi del servizio e di preparazione, con effetti immaginabili sulla qualità del prodotto, sui rischi alimentari dei consumatori, sull’occupazione del settore e l’attrattività delle nostre città.
Non chiediamo meno regole: chiediamo che vengano applicate le stesse regole per la stessa professione, anche a tutela e a salvaguardia dei 10 milioni di clienti che ogni giorno frequentano i Pubblici Esercizi.
Non chiediamo meno concorrenza: auspichiamo, anzi, che ce ne sia sempre di più, ma per migliorare il mercato, non per renderlo più fragile.
Non chiediamo privilegi o corsie preferenziali: chiediamo alle Istituzioni più attenzione e un tavolo, promosso dai ministeri competenti, con la partecipazione dei diversi attori della filiera - che apparecchi una visione strategica complessiva e consapevole per il settore.
I sottoscrittori di questo appello hanno fatto degli investimenti qualitativi e del rispetto delle regole, un punto di merito e uno stimolo per migliorare la qualità del settore, tutelando le scelte di milioni di consumatori.
È così che vogliamo difendere la categoria, quella delle imprese della ristorazione: salvaguardando il contributo che offre all’economia italiana, un contributo di varietà e, soprattutto, di qualità, tratto distintivo del Food in Italy  che tutti conosciamo. E amiamo.



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