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PIL SOTTO IL LIVELLO DEL 2000, CROLLANO I CONSUMI DELLE FAMIGLIE

L'Istat certifica il calo del Prodotto interno lordo. Crolla la spesa per consumi delle famiglie: alimentari -3,1%

martedì 04 marzo 2014
Fonte: Confcommercio Nazionale

Nella settimana che porterà la Commisione Europea a dare la pagella ai conti pubblici italiani, l'Istat certifica che il rapporto tra il deficit e il Pil italiano è risultato del 3% nel 2013 (47,3 miliardi), sullo stesso livello del 2012, mentre l'avanzo primario (cioè il conto al netto degli interessi) è stato del 2,2% dal 2,5% del 2012. Lo scorso anno, il Prodotto interno lordo è diminuito dell'1,9%: con la caduta dell'ultimo anno il Pil è sceso leggermente sotto i livelli del 2000. Il dato è peggiore dell'ultima stima ufficiale del governo, che prevedeva un calo dell'1,7%; nel 2012 si era registrato un ribasso del 2,4%.

Di record si parla, invece, affrontando il capitolo del debito: lo stock accumulato dal Belpaese ha raggiunto nel 2013 il livello massimo del 132,6 per cento, il top al 1990, anno di inizio delle serie storiche confrontabili. Nel 2012 il debito era al 127% del Pil. Tornando ai dati sul Pil, l'Istituto spiega ancora che dal lato della domanda nel 2013 si registra una caduta in volume del 2,2% dei consumi finali nazionali e del 4,7% degli investimenti fissi lordi, mentre le esportazioni di beni e servizi hanno segnato un aumento dello 0,1%. L'anno scorso, la sola spesa per consumi delle famiglie è diminuita del 2,6%, dopo il crollo del 4% già registrato nel 2012. La spesa per gli alimentari è caduta del 3,1%, quella per la sanità del 5,7% e quella per l'abbigliamento del 5,2%. Le importazioni sono diminuite del 2,8%. Guardando i singoli settori, il valore aggiunto ha registrato un calo in volume in tutti i principali comparti, ad eccezione dell'agricoltura, silvicoltura e pesca (+0,3%). Le diminuzioni sono state del 3,2% nell'industria in senso stretto, del 5,9% nelle costruzioni e dello 0,9% nei servizi. Un contributo positivo alla variazione del Pil (+0,8 punti percentuali) è venuto dalla domanda estera netta, mentre è risultato ampiamente negativo l'apporto della domanda nazionale (-2,6 punti) e quasi nullo (-0,1 punti) quello della variazione delle scorte.

Tra i dati dell'Istat trova spazio anche la rilevazione sui redditi da lavoro dipendente, che insieme alle retribuzioni lorde sono diminuiti dello 0,5%; le retribuzioni lorde pro capite hanno registrato un incremento dello 2,6% nel settore agricolo, del 2,0% nell'industria in senso stretto, dell'1,8% nelle costruzioni e dello 0,9% nei servizi; nel totale dell'economia l'aumento è stato dell'1,4%.

Quanto al fisco, la pressione fiscale complessiva (cioè l'ammontare delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e dei contributi sociali in rapporto al Pil) è risultata pari al 43,8%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto al 2012. L'amministrazione pubblica ha visto calare tanto le entrate quanto le uscite. Le entrate totali della Pa, pari al 48,2% del Pil, sono diminuite dello 0,3% (+2,5% nel 2012). Nel dettaglio, le entrate correnti scendono dello 0,7%, attestandosi al 47,6% del Pil. Le imposte indirette calano del 3,6%, a causa del calo del gettito Imu, Iva e accise. Le imposte dirette salgono dello 0,6%, essenzialmente per effetto dell'aumento dell'Ires e dell'imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi da capitale. Le uscite totali, pari al 51,2% del Pil, sono invece diminuite dello 0,2% rispetto al 2012. Si sottolinea in particolare la dinamica dei redditi da lavoro dipendente: sono diminuiti dello 0,7% (-1,9% nel 2012), "quale effetto di una riduzione delle unità di lavoro e del permanere del blocco dei rinnovi contrattuali".

Confcommercio: "nessun segnale di ottimismo"

"E' la drammatica testimonianza delle difficoltà in cui versa il nostro Paese":  questo il commento dell'Ufficio Studi Confcommercio ai dati diffusi dall'Istat. "La conferma di una flessione del Pil dell'1,9% nel 2013, -8,5% nei confronti del 2007, un calo dei consumi del 2,6% - dal 2007 la riduzione è stata del 7,6% - ed una contrazione dell'occupazione di 450mila unità - dal 2008 si sono persi oltre 1 milione e 700mila posti di lavoro - sono solo alcuni dei numeri che fotografano lo stato di crisi del Paese. In termini pro capite, il quadro risulta ancor più allarmante. Nel solo biennio 2012-13 la flessione del Pil sfiora il 5% in termini cumulati, quella della spesa per consumi il 7,3%, gli investimenti crollano di oltre il 13%, a testimonianza di una situazione di pesante difficoltà di tutta la domanda interna", sottolinea ancora l'Ufficio Studi, secondo il quale "è proprio l'eccezionale riduzione dei consumi a spiegare, assieme alla cancellazione dell'IMU, la riduzione, peraltro marginale, della pressione fiscale, dal 44% del 2012 al 43,8% del 2013, contro una previsione del 44,3%. I consumi con IVA più elevata sono quelli diminuiti di più, sia in termini reali che in termini nominali. Le aree dell'abbigliamento e delle calzature, dei mobili e degli elettrodomestici, dei trasporti e delle comunicazioni perdono complessivamente quasi 10 miliardi di spesa nominale, con la conseguente rilevante contrazione del gettito sulle imposte indirette". "L'unica voce della spesa delle famiglie che continua a tenere è quella per l'abitazione e l'energia, consumi incomprimibili.  Pertanto, si conferma la patologica condizione delle famiglie italiane, strette da redditi decrescenti a causa di una pressione fiscale da record e consumi obbligati che erodono quote significative di potere d'acquisto e libertà di scelta. Il rapporto debito/Pil, che ha raggiunto la cifra record del 132,6%, e quello dell' indebitamento rispetto al Pil, ancorato al 3,0%, dicono con chiarezza che la cura, anche per il bilancio pubblico, non può essere fondata sulle imposte e sulle tasse. Senza una decisa e improrogabile svolta su questo punto, anche il 2014 sarà un anno straordinariamente difficile per l'economia italiana", conclude l'Ufficio Studi Confcommercio.

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