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CREDITO BANCARIO: PER LE IMPRESE "E' SEMPRE NOTTE"

Secondo una rilevazione dell'Ufficio studi Confcommercio, le condizioni riservate alle micro, piccole e medie imprese restano estremamente difficili

martedì 20 gennaio 2015
Un'immagine della conferenza stampa tenutasi nella sede della Confcommercio nazionale Un'immagine della conferenza stampa tenutasi nella sede della Confcommercio nazionale
Fonte: Confcommercio Nazionale

Nonostante i peraltro timidissimi segnali di ripresa evidenziati negli ultimi giorni da Abi e Bankitalia, le condizioni del credito riservate alle micro, piccole e medie imprese restano estremamente difficili. E' quanto emerge dall'analisi fatta dal direttore dell'Ufficio Studi di Confcommercio, Mariano Bella, nel corso della conferenza stampa convocata a Roma per illustrare l'analisi e le proposte di Confcommercio sulla questione.

I dati, d'altronde, parlano quanto mai chiaramente (vedi allegati scaricabili da questo link): tra il giugno 2011 e il settembre 2014 il credito bancario a imprese  e famiglie è sceso del 6,6% complessivamente, ma se per le seconde si tratta di un -1,1%, per le prime la diminuzione è ben più notevole: -8,3%. Nel contempo sono salite ovviamente anche le sofferenze, come la banche hanno buon gioco a far rilevare, ma – ha detto Bella- si tratta di "una frazione fisiologica, un costo compreso nel margine di intermediazione".

Continuando ad analizzare i numeri, non certo lusinghieri, emerge che i tassi reali pagati da una pmi italiana sono attualmente superiori a quelli degli altri Paesi, più che doppi ad esempio rispetto alla Francia, e sono anche cresciuti rapidamente. A fine 2013 più del 60% delle pmi italiane poi, secondo i dati Bce, registra un aumento dei costi accessori del credito: si tratta di un primato europeo, di cui ovviamente c'è poco da rallegrarsi. Restando nel nostro Paese, una pmi paga mediamente oggi tra il triplo e il quadruplo rispetto una media o  rande impresa.

Mentre i recenti dati dell'Osservatorio confederale sul credito, vede la percentuale di imprese completamente finanziate attestarsi solo al 4,8% nel terzo trimestre 2014, mentre appena il 29% ha avuto la sua richiesta completamente accolta, dimostrazione plastica di un credit crunch troppo spesso negato o sminuito dagli istituti bancari. Secondo Confcommercio, invece, il calo del numero di imprese finanziate dal 2009 dipende per metà dalla crisi e per metà proprio dal credit crunch. Un numero per tutti: negli ultimi quattro anni le imprese avrebbero assorbito 97,2 miliardi in più rispetto a quanto è stato loro concesso. Come uscirne? Per Mariano Bella la risposta è nella necessità di "un salto di qualità imprenditoriale e creditizio, le banche non devono guardare soltanto ai numeri dei bilanci".

Agen: "non si fa sviluppo senza aiutare imprese e famiglie"

Non è solo il tasso il problema delle pmi italiane, per lo meno di quelle che hanno ancora la forza di chiedere e addirittura di ottenere credito in banca. A pesare è il costo dei cosiddetti oneri acessori. Lo ha sottolineato il vicepresidente di Confcommercio incaricato per le politiche del credito, Pietro Agen, spiegando come al posto della commissione di massimo scoperto siano state introdotte due nuove voci, molto più costose per le imprese: la concessione di affidamento e le commissione di istruttoria veloce.

"Occorre – ha detto Agen – trovare un metodo per legare i costi di questi servizi a quello reale sostenuto dalla banca. Perché oggi tanto più l'azienda è debole, tanto più paga, e ciò di fatto esclude tante imprese dal mercato". Il vicepresidente di Confcommercio ha quindi evidenziato la differenza che esiste tra quanto dice la Bce e quanto fanno gli istituti sul territorio ("le banche hanno puntato su finanziamenti speculativi invece di aiutare imprese e famiglie, così non si fa sviluppo"), mentre un ulteriore problema è rappresentato dalle le garanzie ("negli ultimi tempi si è puntato sempre di più a una garanzia pubblica emarginando il ruolo dei confidi: bisogna invece rilanciarne fortemente il ruolo perché senza confidi sarebbero fallite molto più aziende").

Agen ha infine denunciato che più del 50% dei beni confiscati alle mafie restano inattivi, proponendo la costituzione di un fondo mobiliare di garanzia a supporto delle aziende confiscate e per le start up, con cogaranzia dei confidi stessi.

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