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IL RAPPORTO CONSUMI 2012 DELL'UFFICIO STUDI CONFCOMMERCIO

In un quadro di prolungata stagnazione della domanda interna, in vent'anni cresciute di quattro volte le spese per elettronica e telefonia

martedì 12 febbraio 2013
Fonte: Confcommercio nazionale

Secondo il Rapporto Consumi 2012, realizzato dall'Ufficio Studi Confcommercio, La crisi economica in corso che, in termini di Pil ha riportato il nostro paese indietro di oltre dieci anni (-2,1% nel 2012), culminata con la maggiore contrazione degli ultimi cinquanta anni per i consumi (-4,0% nel 2012), si sta trasferendo negativamente sulle aspettative di reddito delle famiglie e sulla loro capacità di spesa; per l'anno che si è appena concluso, infatti, tutte le principali voci di consumo, in termini pro capite, hanno mostrato un segno meno, con un picco per il comparto mobilità e comunicazioni (-7,3%) e per viaggi e vacanze (-6,3%); analoghe performance, seppur di minore intensità, si registreranno nel 2013. Anche allargando l'analisi agli ultimi venti anni, l'andamento della spesa per abitante, in termini di quantità, registra, nel complesso, un incremento estremamente contenuto pari ad un tasso medio annuo di appena lo 0,5%; guardando alle singole voci di consumo, tuttavia, i beni acquistati sotto forma di tecnologia, come Tv, elettronica di consumo, telefonia risultano quadruplicati dal 1992 ad oggi, il consumo di beni/servizi per la salute si è accresciuto del 67%, i pasti al ristorante del 27%; in calo l'alimentazione domestica (-5%), abbigliamento e calzature (-8%); insomma, in un quadro di generale e prolungata stagnazione della domanda interna, si assiste ad una ricomposizione delle abitudini di consumo di un Paese che invecchia e che consuma sempre meno beni e servizi primari ma che non vuole rinunciare al tempo libero e alla tecnologia. La modesta ripresa del 2010, dopo il biennio nettamente recessivo 2008-09, si è esaurita già con il primo quarto 2011, subentrando ad essa una nuova fase recessiva contrassegnata da flessioni congiunturali del Pil reale per cinque trimestri consecutivi.
Nella media del 2012, secondo le ultime stime di Confcommercio, il Pil italiano è diminuito del 2,1%, mentre per il 2013 è attesa una flessione del prodotto interno lordo in quantità più contenuta (-0,8%). La nuova ondata recessiva di fatto azzera il parziale recupero di poco più di due punti percentuali realizzato nel corso del biennio 2010-11, riportando indietro l'Italia di oltre dieci anni, sui livelli produttivi del 2001. La caduta della domanda interna è stata particolarmente pesante ed ha implicato, a sua volta, una flessione altrettanto consistente delle importazioni (-8,0%).

La spesa delle famiglie ha subito una contrazione del 4,0%, un dato peggiore (piu che doppio) non solo del decremento registratosi nel 2009, ma anche di quello del 1993 (-3,0%), tutto determinato anch'esso dalla domanda interna. Si tratta, dunque, della contrazione della spesa delle famiglie in termini reali più consistente degli ultimi cinquanta anni. In termini pro capite, la flessione della spesa reale è di circa il -4,4%, un fenomeno del tutto nuovo e inatteso per l'Italia. Il peggioramento registrato nel corso del 2012 sul versante dei consumi, rispetto alle stime iniziali, ha determinato una revisione al ribasso anche delle previsioni per il 2013. Nell'anno in corso la domanda delle famiglie dovrebbe mostrare una riduzione dell'1,0%. Particolarmente pesanti sono i i riflessi negativi sul fronte dell'occupazione, con una riduzione cumulata nel biennio 2012-13 di oltre 430mila unità, che andranno a sommarsi al milione circa di posti di lavoro distrutti nel periodo 2008-11. Secondo le nostre stime, negli ultimi vent'anni (con riferimento all'indice base 1992=100), la spesa reale totale per abitante ha conosciuto un ritmo modestissimo di crescita, poco più del 9% in termini cumulati, un incremento davvero irrisorio se misurato come tasso medio annuo, intorno allo 0,5%. Le voci che sono cresciute significativamente al di sopra della media riguardano il tempo libero - e al suo interno elettrodomestici bruni e prodotti IT, quasi il 300% in più nei vent'anni considerati (fatto 100 il 1992, l'indice del consumo pro capite nel 2013 risulterebbe pari a 396 circa) - i servizi ricreativi e culturali, le vacanze e in particolare i beni e i servizi per le tlc, cresciuti nel periodo del 347%, anche per il formidabile effetto-prezzo positivo determinato dal continuo progresso tecnologico di queste categorie di prodotti. Le spese per la salute, cresciute cumulativamente del 67% circa confermano il declino demografico e l'invecchiamento della popolazione, così come l'aumento di oltre il 27% per spese nei pubblici esercizi evidenzia abitudini di consumo sempre più extradomestiche, che si riflettono simmetricamente nella flessione di quasi il 5%, nel periodo, della spesa per l'alimentazione domestica. Infatti, con le debite cautele dovute a variazioni nella qualità e nella varietà di beni acquistati, si può affermare che la spesa pro capite reale per l'alimentazione domestica sia diminuita di circa 120 euro, mentre è cresciuta di 255 euro quella per l'alimentazione presso bar, trattorie e ristoranti. È, insomma, un'Italia che invecchia, che consuma sempre meno in quelle aree che una volta rappresentavano le funzioni e i bisogni primari (pasti in casa, abbigliamento e calzature), ma che non intende rinunciare ai diversi piaceri connessi alla fruizione del tempo libero e soprattutto alla "connettività" intesa come pluralità di forme di comunicazione (via internet, palmari, smartphone, tablet, etc.).

La composizione dei consumi
Se si guarda ai mutamenti intervenuti sul versante della composizione in termini quantitativi della spesa, emerge il tentativo delle famiglie di conservare, anche in momenti di difficoltà, i livelli di consumo di alcuni beni e servizi reputati particolarmente importanti nel determinare il livello di benessere, come, per esempio, il tempo libero. In netto ridimensionamento è risultata, dal 2007, dopo un lungo periodo di crescita la quota dei consumi in quantità relativi alla mobilità e alle comunicazioni, scesi dal 18,9% del 2007 al 17,3% del 2011. Tale valore è destinato a registrare un'ulteriore caduta nei prossimi anni. Queste indicazioni sono confermate anche dalle dinamiche attese a livello delle 56 voci di spesa previste dalla classificazione Istat. In prospettiva le preferenze dei consumatori dovrebbero essere orientate a privilegiare quei consumi che permettono una migliore fruizione del tempo libero, sia in termini di gestione che di aumento della disponibilità, legati anche all'ICT domestico e a parte dei consumi alimentari. Saranno fortemente penalizzati gli acquisti di beni e servizi legati alla mobilità ai viaggi e alle vacanze, segmenti per i quali le famiglie hanno mostrato nel 2012 una decisa tendenza al ridimensionamento facendo emergere segnali di elevata criticità anche sul versante produttivo.
Nel 2013 non emergeranno segnali di discontinuità nei trend di allocazione della spesa. Le decisioni di consumo delle famiglie italiane ruotano inesorabilmente attorno al dilemma sul reddito disponibile: come potrà tornare a crescere? Le prime settimane dell'anno in corso non portano indicazioni favorevoli. Dall'alimentare alle immatricolazioni di auto, le vendite mostrano nuovi segnali negativi. La fiducia in gennaio si è portata ai livelli minimi dal 1996. Mancano, ad oggi, indizi concreti su cui costruire un'affidabile previsione d'inversione , a breve termine, del ciclo consumi.

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