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NON C’È PIÙ TEMPO, RIFORME SUBITO

Restituiamo ai cittadini il fondamentale diritto di scegliere chi li deve governare Solo tre settimane per cambiare la legge elettorale. Che cosa si aspetta?

lunedì 14 maggio 2012
Un'immagine dell'aula del Senato Un'immagine dell'aula del Senato

I segnali che arrivano dalle oltre 12mila aziende associate della provincia di Vicenza è quello di imprenditori che sentono aumentare sempre più, ogni giorno che passa, la loro sfiducia, la loro rabbia, in certi casi la loro disperazione per i tanti nodi irrisolti che continuano a condizionare l’economia e la vita sociale di questo Paese.
Si sta diffondendo, infatti, una pericolosissima mancanza di prospettive sul futuro dell’Italia e la convinzione che, se si continua così, non si vada più avanti.
E questa mancanza di prospettive dipende, prima di tutto, dall’incapacità di questa politica di fare le riforme necessarie e urgenti, richieste dal Paese.

D’altro canto, il Governo Monti ha avviato una poderosa manovra di drenaggio della ricchezza delle famiglie e delle imprese per coprire il buco dei conti pubblici. Ha cioè messo in piedi un sistema fiscale che come un’idrovora succhia risorse agli italiani, gettandole però esclusivamente nel mare magnum della copertura del debito, senza fare assolutamente nulla per la crescita e per incentivare i consumi.
Non ha, invece, avuto ancora la capacità di imporre alla classe politica di  tagliare le proprie spese (un segnale indispensabile), ma soprattutto di avviare l’unica vera riforma che permetterebbe a questo Paese di “voltare pagina”: la riforma del sistema elettorale

Giova ricordare alla classe politica che ci sono solo 3-4 settimane a disposizione per avviare il cambiamento del sistema di voto prima della fine della legislatura, a causa dei tempi tecnici richiesti per le modifiche Costituzionali.
Ma tutto sembra fermo, impaludato in un’incredibile melina. Non se ne discute nemmeno. Cosa si aspetta?
Eppure la riforma elettorale è la base da cui questo Paese può ripartire: il malcontento e la protesta dei cittadini, di cui le ultime elezioni amministrative sono un primo chiaro segnale, scaturisce infatti dalla consapevolezza che l’assetto attuale non è più accettabile. La classe politica deve cambiare  registro, cominciando dal restituire ai cittadini il sacrosanto diritto di decidere chi li deve governare.
Ad oggi, però, è completamente scomparsa dalla scena nazionale qualsiasi discussione su come restituire questo diritto ai cittadini, che è l’unico modo per fare tornare la politica al centro, ristabilendo una normalità in questo Paese dopo la scelta, opportuna e incontestabile, di una “parentesi tecnica”.
Di fronte a questo silenzio e alla prospettiva che dopo Mario Monti si torni a votare con il sistema attuale, non vorremmo essere costretti, per la prima volta, ad assistere alla diserzione dal voto dei nostri imprenditori. Minaccia che da tempo già serpeggia negli incontri che abbiamo con i nostri associati.

Ma è l’estrema ratio: non voglio neanche pensare che si arrivi a non esercitare il proprio diritto democratico per l’ennesima incapacità della nostra classe politica ad affrontare un tema vitale per un Paese democratico come il nostro.

Nel frattempo però anche i “governanti tecnici” devono porre più impegno all’ascolto delle istanze delle famiglie e delle imprese e in particolare del mondo del Terziario, che oggi produce più del 50% del Pil del Paese.

Anche i tecnici, sul fronte delle riforme e del rilancio hanno fino ad oggi fatto troppo poco.
Hanno mortifcato i consumi. Con l’aumento della pressione fiscale (vedi Iva e Imu), facendo di fatto fermare l’economia interna.
Non hanno riformato il fisco, l’unico sistema per combattere l’altro grande male del nostro Paese, vale a dire l’evasione fiscale. Finora, su questo fronte, abbiamo visto solo “coup de théâtre” con le battaglie dello scontrino, che di certo non servono a recuperare sistematicamente, così come dovrebbe essere, i milioni di euro di economia sommersa che si annidano soprattutto nei grandi capitali e in ben definite aree del Paese.
Non hanno chiamato le banche alle loro responsabilità nei confronti del mondo delle imprese. La mancanza di credito oggi è una stretta mortale per le nostre aziende. Le banche sono state aiutate nei momenti della massima crisi, ma oggi, a parte rare eccezioni, si sono trasformate ancor più in “santuari inaccessibili” per le Pmi: spread alti e ristrettezza del credito stanno affossando il sistema imprese.
Non hanno fatto nulla di concreto sul fronte del taglio della spesa pubblica e dell’eliminazione degli sprechi. La spending review non può limitarsi ad operazioni mediatiche come quella del “segnalateci gli sprechi”. Questi tecnici non sono stati chiamati dalla Luna, vivevano e vivono in questo Paese: dovrebbero sapere benissimo dove si annidano, neanche tanto nascostamente, gli sprechi e le inefficienze della macchina pubblica e para-pubblica.
Non hanno detto nulla sullo sfruttamento del turismo. L’unica grande “materia prima” che possiede il nostro Paese è il suo patrimonio storico, culturale e naturalistico. Queste risorse, da sole, se adeguatamente valorizzate, potrebbero contribuire al rilancio della nostra economia e della nostra occupazione, ma anche su questo fronte non vediamo la pur minima  progettualità o proposte da affidare al prossimo Governo.
E poi, ultimo, ma non meno importante: che fine ha fatto l’idea federalista? Non un cenno?

Per tutto questo, è il caso di ricordare, ai nostri politici e ai nostri tecnici,  che il sistema delle imprese del Terziario di Mercato - che dà lavoro considerando titolari e dipendenti a quasi 10 milioni di persone (i soli dipendenti  in provincia di Vicenza sono circa 50mila), si fonda sull’economia interna, sui consumi delle famiglie ed è un volano insostituibile per l’economia. Non c’è solo l’export:  se crolla il Terziario (e le prime crepe sono ben visibili) crolla a cascata anche il sistema manifatturiero ed in generale l’intero sistema produttivo nazionale. Noi non ci stancheremo mai di ripeterlo. E chi ha la responsabilità di guidare il Paese deve accorgersene, prima che sia troppo tardi.

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