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IL SISTEMA CONFCOMMERCIO SUL NUOVO DPCM IN VIGORE DAL 6 NOVEMBRE

Le prese di posizione della Confederazione, di Federalberghi, Ali e di Federmoda

giovedì 05 novembre 2020
IL SISTEMA CONFCOMMERCIO SUL NUOVO DPCM IN VIGORE IL SISTEMA CONFCOMMERCIO SUL NUOVO DPCM IN VIGORE
Fonte: Confcommercio Nazionale

“Bisogna mantenere la guardia alta nei confronti dell’epidemia. Ma ritardi ed errori pesano tanto e hanno contribuito a trasformare l’emergenza sanitaria in emergenza economica e sociale. Perché la soluzione di ultima istanza del ‘più chiusure’ innesca il rischio della chiusura definitiva per decine di migliaia di imprese ed il rischio della disoccupazione per centinaia di migliaia di addetti”: questo il commento di Confcommercio nazionale sul nuovo Dpcm.
“Insomma – prosegue la Confederazione - è a rischio la cancellazione di un’Italia produttiva che, in ogni città ed in ogni territorio, ha fin qui svolto un ruolo determinante per la costruzione della crescita e della coesione sociale. Dunque, occorre far di tutto per ripristinare quanto prima normali condizioni di attività: a partire dal tempestivo e trasparente monitoraggio delle fasce di classificazione del rischio territoriale e da più programmazione e più coordinamento per risolvere le criticità emerse sui versanti dei tamponi e dei tracciamenti, della sanità territoriale ed ospedaliera, così come su quelli del trasporto pubblico locale e della scuola. Riaprire e ripartire: deve essere questo l’obiettivo e deve essere questo l’impegno condiviso”.

Federalberghi: “Occorrono nuovi interventi per le strutture ricettive”

“Le strutture ricettive italiane versano in condizioni sempre più gravi e la situazione è purtroppo destinata ad aggravarsi nelle prossime settimane, per effetto delle misure di contenimento che hanno ridotto al lumicino la vita sociale”. Con queste parole il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, commenta il decreto del presidente del Consiglio dei ministri che divide l’Italia in tre zone, riducendo quasi a zero la possibilità di viaggiare e, conseguentemente, di soggiornare in albergo.

“Gli indennizzi adottati nei giorni scorsi - prosegue Bocca - sono apprezzabili ma non sono sufficienti. In attesa della manovra di bilancio, che confidiamo contenga un intervento di più ampio respiro, chiediamo che il contributo a fondo perduto previsto dal decreto ristori - che oggi è rapportato al solo mese di aprile - venga potenziato, elevando il parametro di calcolo ed il tetto per azienda - e venga riferito ad un periodo più ampio, che tenga conto dei danni subiti durante tutta la pandemia”.

Il Centro Studi di Federalberghi stima che da gennaio a ottobre il sistema ricettivo italiano abbia registrato un calo delle presenze di circa il 60% e la situazione è inevitabilmente destinata a peggiorare. Basti considerare che durante il lockdown primaverile l’Istat aveva rilevato un calo del 91% delle presenze negli esercizi ricettivi: erano state 81 milioni nel trimestre marzo-maggio 2019, mentre quest’anno sono crollate a 7,3 milioni.

Ali: “libri beni essenziali, bene che il governo ne abbia tenuto conto”

“I libri sono beni essenziali e, soprattutto in un momento come questo, aiutano gli italiani a superare la solitudine e le difficoltà legate alle limitazioni della libera circolazione e della socialità: ringraziamo il Governo per aver tenuto conto dei nostri appelli, consentendo l’apertura delle librerie anche nelle zone rosse, e in particolare il ministro Dario Franceschini sempre attento alle esigenze del mondo del libro”. Lo dichiarano il presidente dei librai (Ali Confcommercio), Paolo Ambrosini, e quello  dell’Associazione Italiana Editori (Aie), Ricardo Franco Levi, nel giorno in cui il governo vara il nuovo Dpcm per la lotta al coronavirus.
“Ogni libreria si impegnerà per garantire la massima sicurezza all’interno degli esercizi,  così come è avvenuto nei mesi scorsi, perché la salute rimane la prima cosa da tutelare: controllo degli accessi, igienizzazione degli scaffali, uso dei mezzi di protezione personale rimangono essenziali. Con la decisione di oggi – continuano Ambrosini e Levi – si sostengono le librerie che stanno subendo una continua erosione di quote di mercato da parte degli store online, un disequilibrio che mette a rischio non semplici negozi, ma presidi sociali e culturali essenziali per le nostre città e, più in generale, per la vita democratica del Paese e si rinnova la scelta dello scorso 14 aprile, confermando che quella fu una precisa scelta di politica culturale: l’Italia è cultura e la cultura e il libro possono essere il volano per la ripartenza del Paese”.

Federazione Moda Italia: “andiamo verso un disastro”

Il settore moda, importante pilastro dell'economia nazionale, è in grave crisi. Sono 115mila i negozi hanno subito un drastico calo delle vendite pari a oltre il 50%. In questo periodo i negozi hanno solo contratto debiti. Per il presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, Renato Borghi, “siamo fantasmi. Sono sotto gli occhi di tutti i gravi danni subiti dai negozi di moda che vivono di collezioni stagionali, ordinate anche otto mesi prima dell’arrivo dei prodotti in store e che hanno investito centinaia di migliaia di euro in merce che, a questo punto e con ogni probabilità, resterà ferma. E poi troviamo incredibile che ci si sia dimenticati di un settore come il nostro. Attivare lockdown differenziati, in base alla gravità degli effetti della pandemia sui territori, non deve significare negare ristori a chi sta meno peggio perché non costretto alla chiusura, ma concedere, se mai, contributi più congrui alle necessità di chi chiude forzatamente”.

È il grido di allarme lanciato da Federazione Moda Italia–Confcommercio che prevede, con le ulteriori restrizioni del nuovo Dpcm, una perdita complessiva di oltre 20 miliardi di euro di consumi nel solo dettaglio moda a fine anno, con la chiusura definitiva di 20mila negozi in Italia e conseguente ricaduta sull’occupazione di almeno 50mila addetti.

“Al primo posto – prosegue Borghi – va messa sempre la salute dei cittadini, dei clienti, degli addetti, degli imprenditori e delle loro famiglie, ma è difficile digerire questi provvedimenti quando abbiamo investito importanti risorse per andare avanti con coraggio, rispettando protocolli e linee guida per la sicurezza e digitalizzando le nostre aziende. Abbiamo puntato sulla multicanalità, promosso nuovi servizi, incrementato sconti ai clienti, riducendo, però, la marginalità e di conseguenza la possibilità di sopravvivenza. Nessuno, dopo l’esperienza della tragica primavera, capisce che questo nuovo lockdown è fisico per alcune categorie, ma anche virtuale e non meno letale per altre come la moda anche nei territori dove non sono disposte chiusure per decreto”.

“C’è stato tutto il tempo per poter valutare possibili scenari ed interventi alternativi. Ma non li abbiamo visti. C’è stata un’inefficienza che alla fine pagheremo noi. Le nostre attività non riescono a stare aperte senza prospettive, vanno aiutate. Servono contributi a fondo perduto, credito d'imposta per gli affitti, condono tombale sui versamenti tributari e contributivi del 2020 e una moratoria per tutto il 2021, detassazione o rottamazione dei magazzini per superare il grande problema delle rimanenze, sospensione dei mutui e dei leasing bancari e prosecuzione della cassa integrazione fino a tutto il 2021”, prosegue il presidente di Federazione Moda Italia.

“Ebbene – conclude Borghi – se per avere aiuti a fondo perduto è necessario alzare la voce, lo chiediamo a gran voce: ‘si aiutino i negozi di moda’ e si assumano tutte le responsabilità del caso perché se non ci farà chiudere una norma, lo farà il mercato ormai agonizzante”.

 

 

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