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LE CLAUSOLE DI SOSTENIBILITÀ E GLI STATUTI SOCIETARI

I criteri ESG sotto la lente del Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie

lunedì 15 gennaio 2024
LE CLAUSOLE DI SOSTENIBILITÀ E GLI STATUTI SOCIETARI LE CLAUSOLE DI SOSTENIBILITÀ E GLI STATUTI SOCIETARI

La sostenibilità può entrare anche negli statuti delle società. Lo ha ribadito, recentemente, il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie, che ha emanato un orientamento in materia.

Nella sostanza, non serve necessariamente essere una “Società Benefit” (di questa tipologia ne abbiamo parlato qui) per dare “cittadinanza” a clausole che impongono agli amministratori una gestione in linea con i principi ESG, cioè rispettosa dell’ambiente, della società e di una governance trasparente. Anche nello statuto societario si può intervenire in tal senso.

L’orientamento del Comitato parte da una considerazione generale che è bene tenere a mente: “Nel nostro ordinamento non sussiste alcuna disposizione positiva o principio di diritto che imponga agli amministratori di società lucrative di attuare l’oggetto sociale avendo riguardo al solo interesse dei soci alla massimizzazione dei profitti. Al contrario, l’art. 41, comma 2, della Costituzione dispone che l’esercizio di una qualunque attività economica, ossia la ricerca di un profitto, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Per il Comitato Notarile quanto sopra non fa altro che legittimare “le clausole dell’atto costitutivo/statuto che, fermo restando quanto genericamente disposto dall’art. 41 Cost., dettano specifiche regole etiche e/o di sostenibilità che devono essere rispettate nella gestione della società, anche a scapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva”.

Ma cosa sono esattamente le clausole di sostenibilità? Si tratta di clausole statutarie che costituiscono espressione di ideali collettivi, valori sociali e principi etici, quali la protezione dell’ambiente, la promozione del lavoro, la cura e il benessere dei dipendenti e della collettività, e in generale di un impegno di salvaguardia dei diversi interessi non economici implicati nell’attività di impresa. Queste clausole possono entrare nell’oggetto sociale, ma anche intervenire “sul piano delle modalità di conseguimento dello stesso, con funzione di definizione delle linee di condotta degli amministratori sia in forma impositiva di strategie o categorie di operazioni, che in forma preclusiva delle stesse”, scrive il Comitato.

Nella sostanza queste clausole vanno a connotare lo svolgimento dell’attività e bilanciano l’interesse dei soci a realizzare il massimo del profitto con la necessità di realizzare anche un beneficio comune a tutti gli altri stakeholders (generalmente si tratta di dipendenti, fornitori, clienti, ma anche il territorio e il contesto sociale in cui la società opera). In questo senso il Comitato evidenzia che “simili clausole statutarie di sostenibilità si ritengono legittime, anche in mancanza di adozione della qualifica di società benefit”.

Quali sono, allora, le clausole legittime che si possono inserire in uno statuto? Ad esempio prevedere la destinazione parziale di utili a finalità di sostenibilità, che devono comunque essere funzionali e correlate alla natura dell’attività di impresa esercitata, senza pregiudicare lo scopo lucrativo dell’iniziativa imprenditoriale.

Ma si può anche imporre agli amministratori di tenere conto degli interessi degli stakeholders nella delineazione delle politiche d’impresa e nella loro concreta attuazione. O ancora sono legittime le clausole statutarie che danno voce a determinati stakeholders mediante la previsione di luoghi di sistematica consultazione. “In tal senso – spiega il Comitato - è legittima la clausola statutaria che imponga agli amministratori di consultarsi con comitati esterni o stakeholders individuati nella fase istruttoria preliminare alla decisione amministrativa ed altresì che subordini il potere degli amministratori di porre in essere determinate tipologie di operazioni al consenso o al parere favorevole di un comitato esterno o di stakeholders individuati”. È poi legittima la clausola statutaria che attribuisce ad un gruppo di esperti indipendenti la valutazione periodica della performance ambientale o sociale dell’impresa nonché quella che consente ai medesimi di determinare, in modo vincolante, una parte del compenso degli amministratori sulla base di alcuni parametri di sostenibilità delle politiche da questi adottate.

Chiaro che anche la mancanza di queste clausole non impedisce che molte realtà mettano già in pratica orientamenti di questo tipo, attraverso attività filantropica, donazioni o particolari iniziative. Ma ciò non toglie che legittimare, anche dal punto di vista statutario, l’attenzione all’ambiente e al sociale possa rappresentare un ulteriore passo avanti sulla strada di un’economia sempre più attenta agli impatti positivi e negativi che l’attività imprenditoriale porta con sé.

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